GIBBERISH: dalla mente al silenzio

Osho,
spesso mentre sono seduto in meditazione con te o la mattina quando mi sveglio, sono in uno spazio molto silenzioso. È come avere dentro di me un sorriso segreto e scintillante, insieme alla consapevolezza che i problemi non esistono e che questo spazio è sempre disponibile. Osservo la mente che arriva con i suoi pensieri ma per qualche istante meraviglioso diventa facile non farmi coinvolgere. Poi, però, quando inizio qualche attività, o il tuo discorso finisce, mi sembra di diventare completamente incosapevole, incapace di fermare la frenesia della mente e del fare. Rimane soltanto un ricordo assillante del silenzio e una sensazione di essere di nuovo fuori dal mio centro e di aver mancato il punto. Per favore commenta.

Non devi preoccuparti... e non essere avido: ciò che ti sta accadendo è già moltissimo.

Se quando mi ascolti discende su di te un certo silenzio, i pensieri svaniscono e hai la sensazione di avere un centro, un nuovo spazio e senti che questo spazio è sempre disponibile… è proprio così! Nel momento in cui percepisci il tuo centro, la sensazione che questo centro è sempre disponibile è parte di questa esperienza, una parte essenziale; quindi, ha una sua validità.

Oppure, quando ti svegli la mattina e la mente è silenziosa… ora che sei diventato consapevole del silenzio, puoi riconoscerlo. Tutti si svegliano la mattina con una mente silenziosa, ma questa condizione permane soltanto per qualche secondo. E, persino in quei pochi secondi, non comprendono che i pensieri sono assenti, perché non hanno mai provato una sensazione simile, non ne hanno esperienza. Quei due o tre attimi passano, ma sono il momento più importante delle ventiquattro ore della giornata.

Dato che ora fai questa esperienza due volte, durante il discorso della mattina e quello della sera, adesso è una sensazione conosciuta. La senti quando ti svegli e presto proverai quel silenzio anche quando starai per addormentarti, sebbene sia un po’ più difficile. Lo provi più facilmente al risveglio perché il sonno ti ha ripulito di tanta spazzatura grazie ai sogni e ti ha dato riposo. Quando esci da quel riposo, è più facile riconoscere il silenzio. Questi momenti diventeranno sempre di più. E poi durante il discorso di nuovo sei in quello stato... diventa qualcosa di continuo.

Presto accadrà anche all’inizio della notte. Quando vai a dormire, prima che ti addormenti, la mente si ferma per due o tre secondi, così può arrivare sonno. Se la mente continuasse a lavorare, il sonno non potrebbe trovare il suo spazio. Tuttavia, poiché provieni dal mondo della mente – per tutto il giorno la tua mente ha fatto rumore – potresti non essere in grado di riconoscere questo stato di silenzio. Presto, però, potrai farlo.

Il tuo problema è che dopo il discorso, quando inizi a lavorare, improvvisamente cadi in uno stato di inconsapevolezza. È naturale. All’inizio non puoi essere così cosciente, così silenzioso. Anzi, proprio perché sei nel silenzio per due ore alla mattina e due ore alla sera, la mente è costretta ad aspettare quattro ore per il proprio gibberish e per vendetta ti prende per il collo, deve liberarsi da questa condizione.

Non preoccuparti. È un equilibrio naturale. Accettalo. Pian piano, quando meno spazzatura è raccolat dalla mente, troverai spazi di silenzio anche nel lavoro. Arriva il momento in cui il silenzio diventa un’esperienza che dura ventiquattro ore. Quando vuoi usare la mente, la usi. Se non vuoi usarla, rimane silenziosa. Non funziona in modo autonomo, come fa normalmente.

Ma provare uno spazio silenzioso, bellissimo, dentro di sé anche solo per quattro ore è più di quanto si possa chiedere... e poi accade anche in altri momenti. Lo provi svegliandoti, presto lo sentirai anche quando ti addormenti. In altri momenti, per esempio durante il lavoro, arriverà senza un preavviso. Improvvisamente, ti "risveglierai": c’è silenzio e la mente non è in funzione. Ma non preoccuparti. In quel momento ci si può anche spaventare: se la mente si ferma completamente, che cosa accadrà?

Uno dei professori che insegnava nel mio college voleva imparare a meditare. Avevo creato un piccolo gruppo di meditatori e questo professore volle partecipare. Tuttavia, il primo giorno in cui ebbe un'esperienza di silenzio, saltò fuori dal piccolo tempio dove eravamo seduti e fuggì! Non riuscivo a comprendere che cosa fosse successo. Lo seguii ma lui, guardandosi indietro e vedendomi, si mise a correre ancora più in fretta. Pensai: “È proprio un fatto strano. Che cosa è accaduto a quest’uomo?”.

Gridai: “Aspetta, Nityananda!” –  si chiamava Nityananda Chatterji – “Aspetta un momento!”. Lui agitò la mano, come per dire “basta” e disse: “Non voglio meditare. Sei un uomo pericoloso!”.

Alla fine, riuscii ad acchiapparlo prima che entrasse in casa. Adesso, non poteva più scappare via. Gli dissi: “Farai meglio a dirmi che cosa è successo”.

Mi rispose: “Non so che cosa tu abbia fatto, ma sono diventato così silenzioso, e tu mi conosci, sono un chiacchierone. Mi metto a parlare di mattina e parlo finché non mi addormento... magari a metà di una frase; parlo in continuazione. In questo modo rimango impegnato, senza problemi, e non divento ansioso. So che i problemi esistono, ma se parlo con qualcuno... e se non c'è nessuno, parlo da solo! Invece lì, sedendo in meditazione con te, improvvisamente il mio parlare si è arrestato. Ero vuoto, e mi sono detto: 'Mio Dio, sto diventando matto! Se mi dovesse succedere per ventiquattro ore, sarebbe la fine. Nityananda Chatterji, se la mente non ritorna… prima che questo silenzio progredisca ancora, sarà meglio scappare via. Perché queste trenta, quaranta persone sono sedute qui a occhi chiusi? Ma questo è un problema loro. Ognuno deve badare a se stesso'. Così sono scappato!”.

Gli dissi: “Non preoccuparti. Il silenzio non distrugge la mente, ma aiuta semplicemente la mente a trovare riposo. A te è successo con facilità proprio perché parli a macchinetta, quindi la tua mente è stanca. Di solito non accade con tanta facilità. Quelle altre persone sono sedute in meditazione, ma non è così facile che la mente diventi silenziosa la prima volta in cui provi a meditare.

Nella vita hai procurato così tanti problemi con la tua mente che la gente ha paura di te. Tua moglie ha paura e così i tuoi figli. I professori dell’università hanno paura. Se ti siedi nella sala professori, questa si svuota, perché scappano tutti via. Ciò accade per via di un uso eccessivo della mente. È un meccanismo e ha bisogno di un certo riposo.

Gli scienziati affermano che persino il metallo si stanca e ha bisogno di riposo. La mente è un fenomeno molto sofisticato, la cosa più sofisticata dell’universo, e tu l’hai usata così tanto che quando ha un’occasione di diventare silenziosa, l'afferra al volo. Dovresti esserne felice".

Mi chiese: “Ma riprenderà a funzionare o no?”.

Risposi: “Lo farà, quando lo vorrai”.

Continuò: “Ho temuto che non si rimettesse più in funzione: 'Allora, Nityananda Chatterji, per te sarebbe finita e ti ritroverai in manicomio. Come ti è mai venuto in mente di parlare di meditazione con quest’uomo?!”'.

Gli dissi: “Mi sono chiesto anch’io perché volessi meditare”.

Rispose: “Ne stavo solo parlando, come parlo di qualsiasi altra cosa, e tu mi hai intrappolato. Mi hai detto: ‘Benissimo, sali in macchina con me’. Non intendevo… Io parlo di qualsiasi argomento, che lo conosca o no, non ha importanza. Posso parlare per ore. Visto che c'eri soltanto tu nella sala professori, ho pensato di cosa potessi parlare e la meditazione era l’unico argomento che avrebbe potuto interessarti. Così ho parlato di quello, ma tu mi ha afferrato e portato nella macchina. Ma allora ho pensato che non c'era alcun problema: visto che la mia casa dista soltanto qualche minuto dalla tua, era una buona idea farmi dare un passaggio in macchina... e potevo anche parlare per tutto il tempo. Così per tutto il tragitto ho parlato di meditazione e in questo modo sono caduto nella tua trappola, perché poi non potevo più tornare indietro. Mi hai spinto in quel tempio, dove erano sedute quaranta persone, quindi mi sono dovuto mettere a sedere. Volevo fuggire sin dal primo momento, non volevo meditare, perché non voglio essere coinvolto in qualcosa senza sapere dove mi condurrà.

Mentre ero seduto lì, tutto è diventato silenzioso. Ho aperto gli occhi, mi sono guardato intorno e tutti erano silenziosi e a occhi chiusi. Ho pensato: ‘Questo è il momento di scappare’. Ma tu sei il tipo che non mi lascia nemmeno fuggire. Tutta la strada mi ha visto mentre correvo e tu mi inseguivi. Mi dicevo: ‘Non ho intenzione di fermarmi’. Però, mi sono spaventato molto, ho paura del silenzio, mentre parlare mi va benissimo”.

Gli dissi: “Sei fortunato, perché hai parlato così tanto che la mente è pronta a rilassarsi. Non perdere questa occasione e non avere paura. Non mi vedi? Io sono in grado di parlare. Potrai parlare anche tu quando lo vorrai. Ora, il parlare non dipende da te, ma va avanti per suo conto. Ora sei soltanto un disco, mentre il silenzio ti fa diventare un maestro”.

Replicò: “Be’, se me lo prometti, mi fido di te e verrò tutti i giorni. Ma ricorda che non voglio perdere la ragione, ho moglie, figli e genitori anziani”.

Gli risposi: “Non preoccuparti, non perderai la ragione”.

E quell’uomo progredì nella meditazione più di chiunque altro. Fu questo a darmi l’idea di una speciale meditazione, una nuova tecnica, il gibberish. Non era completamente nuova, ma nessuno l’aveva usata come espediente per far meditare molte persone.

In India tenevamo campi in cui, di pomeriggio, si praticava un'ora di gibberish e ognuno diceva tutto ciò che voleva dire, mille persone tutte insieme. Non è una conversazione, perché non stai parlando con qualcuno, stai semplicemente parlando.

È stata un’esperienza molto speciale, sia perché ero l’unico ascoltatore, sia per via delle cose che venivano dette! Un giorno, c’era un uomo davanti a me che telefonava, parlava al telefono. Lo sentivo dire: “Pronto, pronto”. La gente lo guardava e pensava: “Ma che cosa sta facendo?”. Faceva chiamate interurbane... ma senza un telefono, senza nulla. Era un uomo d’affari e l’abitudine si sa… Ma era un’esperienza estremamente rilassante per le persone. Dopo un’ora in cui dicevano cose assolutamente senza senso…

Uno dei miei discepoli più vicini… parlava e gridava, e poi si mise a spingere l’automobile con cui ero arrivato. Era parcheggiata su una stada in discesa. Era un uomo assolutamente normale, ma si mise a spingere la macchina e a imprecare contro Jayantibhai, che era il proprietario dell’auto con cui ero arrivato e che ora stava spingendo nel fosso. Ed erano amici, ma nella sua mente ci doveva essere qualcosadi non chiarito. Comunque alcune persone si alzarono e lo fermarono... e, quel punto, lui si arrampicò su un albero… e non è matto! Si mise ad agitare il ramo dell’albero su cui si trovava con tanta forza che sembrava che potesse rompersi all'improvviso facendolo precipitare su chi era seduto sotto. E per tutto il tempo, continuava a gridare contro Jayantibhai.

Fu fatto scendere con difficoltà. Nessuno avrebbe mai pensato che fosse capace di tanto.

Ma alla fine dell’ora diventò molto silenzioso, più di chiunque altro.

Gli chiesi: “Come ti senti?”.

Rispose: “Mi sento rilassato come non sono mai stato in vita mia. Anche se ho fatto delle cose stupide… ma tu ci hai dato il permesso di fare qualsiasi cosa e ora mi sento molto sollevato. Mi sono liberato di un grosso fardello e provo molto amore per Jayantibhai. Tutta la rabbia è svanita”.

Il campo durò cinque o sette giorni e quell’uomo al telefono continuò con il suo “Pronto” per sette giorni, ed era un tipo molto serio. Appena la meditazione iniziava, si metteva a telefonare e di sicuro ascoltava pure, rispondeva e decideva qualche affare. “Metti i soldi lì e fai questo e compra quello. Questo è il momento di comprare. I prezzi stanno salendo”. Era così serio che l'ultimo giorno gli chiesi: “Come ti senti?”.

Mi rispose: “Sono sorpreso, questa meditazione è strana. Non sono matto e so che non c’è telefono, ma quella era l’unica idea che mi veniva. Hai detto che dovevamo consentire qualsiasi cosa. E dopo, per ore, mi sentivo assolutamente silenzioso e pieno di gioia. Come se un grande fardello…”. Doveva essere la sua routine quotidiana, e gli mancava.

Questa tecnica non è mai stata usata prima con gruppi di persone, ma la parola ‘gibberish’ viene dal nome di un mistico Sufi, Jabbar. Costui era solito dire cose senza senso: gli chiedevi della luna e ti parlava del sole; non rispondeva mai alla domanda che gli veniva posta. E creava lui stesso nuove parole.

Dal suo nome, Jabbar, nacque la parola gibberish, la lingua di Jabbar. È uno dei maestri illuminati Sufi. Usava il gibberish per parlare con gli altri, altrimenti rimaneva in silenzio. Rimaneva in silenzio per giorni, se nesuno veniva a trovarlo, poi quando arrivava qualcuno e gli diceva qualcosa, questo lo faceva iniziare a parlare: e allora diceva di tutto, frasi e parole senza significato. Non era possibile ricavare un significato dalle sue parole.

I suoi discepoli gli avevano chiesto molte volte: “Perché fai queste cose? Di solito sei così silenzioso. La gente ride di te e siamo tutti imbarazzati, perché siamo tuoi discepoli e veniamo considerati degli idioti. Si chiedono tutti: che cosa possono imparare da quest’uomo?”.

Ma Jabbar spiegava, solo ai suoi discepoli: “Sapete benissimo che queste persone arrivano con domande inutili. Non vogliono né comprendere né cambiare e il mio gibberish fa sì che non vengano più e, in questo modo, posso lavorare in silenzio con voi. Ed è anche ottimo per la mia mente, perché di solito sono silenzioso e questo è un esercizio della mente: cosi da essere in grado di usarla se è necessario. Quindi, per assicurarmi che funzioni ancora, uso questo gibberish”.

Quindi, dissi a Nityananda Chatterji: “Non preoccuparti, hai fatto tanto gibberish e questo ti porterà sicuramente a ottenere un profondo silenzio”.

Diventò molto silenzioso. Tutta l’università era scioccata, nessuno riusciva a comprendere che cosa gli avessi fatto. Ora, quando qualcuno gli si avvicinava per parlare, rispondeva: “No, basta, quando parlavo, scappavate via tutti. Adesso è finita, lasciatemi in pace”.

Venne promosso, ma rifiutò e si mise in pensione, in modo da mantenere moglie e figli, ma lui potesse continuare a restare in silenzio. Lo rividi dopo dieci anni. Era diventato una persona completamente diversa, fresco e giovane, come un bocciolo pronto ad aprirsi e diventare una rosa... proprio quel tipo di freschezza. Non parlava più, veniva a sedersi per ore in meditazione, ma senza parlare.

Perciò, lascia che accada ciò che sta accadendo. La mente è abituata a una certa quantità di conversazione interiore. Dato che queste quattro ore di meditazione durante il mio discorso la tagliano fuori, troverà subito il modo di tornare appena ne ha la possibilità e, a quel punto, invece di camminare si metterà a correre. Lasciala fare. Non può farti del male e presto si abituerà.

La mente è soltanto un meccanismo, può parlare o rimanere in silenzio.

L’unico problema è che non dovrebbe essere il padrone, ma soltanto un servitore. Come servitore, è perfetta; come maestro, è pericolosa. Il padrone devi essere tu.

Tratto da Osho The Path of the Mystic #15 Q 3

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Articolo pubblicato da:
OTP
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